Oltre a condurre la sua attività "istituzionale" di Teatro della Scuola, Theatraki ha al suo attivo la produzione di diversi spettacoli. Da queste intense esperienze artistiche sopratutto con Antonio Viganò del Teatro la Ribalta gli attori di Theatraki attingono nuova linfa per il loro impegno pedagogico nelle scuole.

Minotauro

Il racconto di Dürrenmatt si basa sul mito del Minotauro, un mostro (frutto della commistione tra toro e donna) rinchiuso in un labirinto costellato di specchi che non trova contatto con gli umani se non attraverso l’inganno e la morte. Partendo dal presupposto che “l'Alterità nasce ogni volta che l'uomo, incontrando se stesso, non si riconosce”, il regista e la coreografa esplorano il dualismo del Minotauro per esplorare l’altro da se stesso e indagare l’incomunicabilità tra esseri umani. 

14.03.2012 - Premio “My dream” assegnato allo spettacolo “Minotaurus”

La Lebenshilfe e il Teatro La Ribalta, insieme con l’Associazione Theatraki e la Fondazione Teatro Comunale di Bolzano, sono orgogliosi di poter segnalare che lo spettacolo “Minotaurus”, il giorno 10 marzo a Torino, ha vinto il premio nazionale “My dream”. Questo premio è stato ideato e lanciato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, da assegnare a uno spettacolo con alto livello artistico sul piano del palcoscenico, dell’inclusione e della partecipazione. Si tratta di un riconoscimento nazionale destinato a spettacoli di teatro e danza che propongono uno sguardo inedito sulla disabilità, permettendo il diffondersi dei valori di inclusione sociale e partecipazione attiva.

Lo spettacolo “Minotaurus” è stato selezionato tra i 10 finalisti su 78 progetti pervenuti da tutta Italia.

Produzione: Teatro la Ribalta (Akademie Kunst der Vielfalt), Bolzano Danza 2011, Lebenshilfe e Theatraki

Regia: Antonio Viganò

Coreografie: Julie Anne Stanzak

Con: Mattia Peretto, Manuela Falser, Alexandra Hofer, Melanie Goldner

Rappresentato in Italia, Austria, Germania, Svizzera e Francia


Impronte dell'Anima

Trecentomila persone, uomini, donne e bambini furono eliminati nella Germania nazista nel periodo 1939-1945. La loro colpa fu quella di non essere dentro i “parametri” che il nazismo, con la complicità degli psichiatri, aveva arbitrariamente stabilito in nome di una razza forte, sana e bella. Si eliminarono disabili, malati mentali, asociali, schizofrenici, epilettici, sordi e muti e il risultato non fu quello di creare una nuova razza ma dei mostri. Mostri, perché coloro che hanno ucciso e cremato donne, bambini e uomini “non conformi” non sono diventati esseri superiori ma degli orchi come nelle fiabe per ragazzi. Le parole eugenetica ed eutanasia irrompono nel dibattito scientifico e nella società. Il corpo umano non appartiene più a chi lo abita e lo vive, nelle infinite sue possibilità, ma allo Stato, nel culto della salute collettiva e nel sacrificio dell’individuo. La capacità produttiva di un individuo è il metro di valutazione della vita umana. In pieno darwinismo e determinismo biologico, con la complicità della scienza, si uccide qualsiasi “diversità” perché sono vite “non degne di essere vissute”. Se parliamo di tutto questo con uno spettacolo non è solo per non dimenticare, ma perché oggi le parole eugenetica ed eutanasia ritornano con forza nel dibattito contemporaneo con aspetti etici e scientifici nuovi. Se parliamo di tutto questo con uno spettacolo è perché quelle forme di vita, che non più di 60 anni fa non erano degne di vivere e di riprodursi, a noi raccontano un mondo, un sentire nuovo, una umanità che siamo felici di aver incontrato. I nostri attori sociali si misurano con l’arte del teatro senza nessuna logica pietistica o sguardi consolatori e si assumono, nei confronti del pubblico che li guarderà, piena responsabilità di giudizio.


Una produzione: Theatraki, Teatro la Ribalta (Akademie Kunst der Vielfalt), Lebenshilfe

Testo: Antonio Viganò e Giovanni De Martis

Traduzione tedesca: Georg Mair

Regia: Antonio Viganò

Con: Manuela Falser, Melanie Goldner, Paola Guerra, Alexandra Hofer, Graziano Hueller, Mattia Peretto, Gisela Oberegger

 

Premio : "Cultura Socialis" 2013 della Provincia Autonoma di Bolzano

Rappresentato in Italia, Austria e Germania

Impronte dell'Anima era in programma dal 2008 al 2017


Come farfalle nella pancia

"Si chiama - come farfalle nella pancia - cioè quella emozione lieve ma che spinge a fare, una sensazione urgente, non si sa se di gioia o di dolore, che deve trovare espressione. Ed eccola lì, sul palco, tutta intera, quella espressione che rifiuta di spiegare se stessa; si mette a tacere chi vuole piegarla nella norma con un discorso compiuto e si preferisce affidarla all'emozione comunicata con tutti se stessi. ...Così, questo laboratorio teatrale, da voce alla diversità e al suo rapporto difficile con la vita cosiddetta normale, ma senza ragionamenti o discorsi, ma con puro teatro. E, come succede a teatro, lo spettatore è rapito in quel mondo - così si realizza l'incontro."

Isabella Cherubini, RAI Bolzano.

Le farfalle hanno presentato lo spettacolo anche al Festival Disartability a Brescia il 15.04.2008.


Una produzione di Lebenshilfe/Theatraki/Teatro la Ribalta

Regia: Antonio Viganò

Con: Agnes Hinterwaldner, Gisela Oberegger, Mattia Peretto, Anna Traunig, Manuela Falser, Melanie Goldner, Thomas Bristot, Alexandra Hofer, Barbara Fingerle, Graziano Hueller, Paola Guerra


Lezioni d'amore

"Il progetto nasce da un laboratorio sulla fiaba "Barbablù" di Charles Perrault e dal libro di Clarissa Pinkola Estés "Donne che corrono coi lupi". Da questo laboratorio è scaturito un progetto drammaturgico per l'allestimento di un'opera teatrale. Al centro della drammaturgia campeggiano la violenza delle relazioni uomo-donna e i meccanismi di potere che s'instaurano quando si perde la capacità di resistenza, di introspezione, d'amore tenace, di sensibilità e di curare in modo intuitivo la propria storia. E' una scrittura che indaga sulla necessità di sviluppare, mantenere e curare una propria identità specifica, pur senza annullare del tutto, dentro di sé, la volontà di potere e dominio che il predatore psicologico, presente in ciascuno di noi, tende a sviluppare. "Barbablù" è l'uomo nero che, capace di affascinare e sedurre, abita la psiche di tutte le donne ed è il nemico di entrambi i sessi. La fiaba di Perrault ci aiuta ad indagare, dal punto di vista psicologico, le dinamiche dell'ingenuità, raccontando la storia di molte donne che scelgono per la loro vita un compagno distruttivo, non avvedendosi della sua ipocrisia, minimizzando i lati oscuri del carattere dell'altro, e continuando a ripetersi che "la sua barba non è poi così blu".


Una produzione di Theatraki/Teatro la Ribalta

Regia: Antonio Viganò

Con: Alexandra Hofer, Barbara Fingerle, Letizia Aguanno, Giovanna Palmieri, Paola Guerra, Graziano Hueller, Christian Mair, Michele Fiocchi, Hans Lösch, Samuel Ferro


Nati sotto contraria stella

Perché Romeo e Giulietta?

La celebre tragedia di Shakespeare appartiene oramai all’immaginario collettivo; anche chi non l’ha letta ne conosce la storia d’amore contrastato, il conflitto e la tragica fine.

Si è sempre sostenuto che questa è la tragedia dell’amor giovane, della passione adolescenziale dei due protagonisti, dell’amore romantico.Le due famiglie che si combattono, i due clan nemici che impediscono e ostacolano questo grande amore sono “gli adulti” di questa tragedia che determinano la realtà della vita, la quotidianità contro la quale i giovani Romeo e Giulietta devono fare i conti.

Amore adolescenziale e lotta tra famiglie. La modernità del testo ci aiuta anche oggi a interrogarci sul tema dell’adolescenza, nella passione che vuole trasformare il mondo, nella disperazione e nella speranza.L’amore romantico dei due giovani protagonisti si scontra con il mondo degli adulti che ha perso la capacità di vivere queste passioni forti, vitali, ed è chiuso nei suoi giochi di potere e dominio. Allora quel amore diventa pericoloso perché mette in crisi lo status quo del mondo adulto, le sue dinamiche e le sue posizioni. E’ una lotta tra due mondi, tra due visioni, tra due modi di sentire. E’ l’amore giovanile, adolescenziale, pieno di idealità che riesce a fatica a fare i conti con il reale. 

Progetto interculturale e intergenerazionale

Le due famiglie dei Capuleti e Montecchi si presentano come due propri clan, due bande rivali che si spartiscono il territorio. E’ un conflitto di potere, di conquista di spazio, di dominio su un territorio. Ogni banda ha i suoi soldati capaci anche di uccidere per difendere la propria posizione e il proprio dominio. Chi perde o commette l’errore sarà destinato all’esilio. I due nomi delle famiglie rivali possono essere sostituite con altri nomi, con altre storie di rivalità tra clan che si spartiscono un territorio.?Possono farci ricordare le rivalità tra bande giovanili delle grandi periferie, degli immigrati contro i residenti, di comunità etniche che si combattono, due diverse appartenenze religiose ecc..ecc..


Una produzione di Theatraki

Regia: Antonio Viganò

Con: Letizia Aguanno, Barbara Fingerle, Alexandra Hofer, Dieter Lauggas, Doris Plankl, Graziano Hueller, Ivan Bortolotti, Paola Guerra und mit Ana Isabel, Asllan, Denis, Fabio, Ginetta, Maria, Maria Sara, Marlyn Maritza, Nejoi

Organizazzione: Franca Marchetto


Esuberi

"Esuberi" nasce dal desiderio di parlare di una relazione complessa e spesso dolorosa che ci riguarda innanzitutto come persone. Quella di noi adulti con i nostri genitori diventati vecchi. Il racconto di Matheson a cui ci siamo ispirati, ci ha offerto un orizzonte estremo: quello di una società che impone ai vecchi un esame di idoneità. Il mancato superamento dell'esame comporta l'eliminazione dell'esubero, del "peso morto". Questa radicalità drammaturgica ci ha consentito di lavorare non nell'orizzonte sociologico della storia ma in quello verticale dell'anima, dove risiedono le forze del cuore e le ragioni dell'etica. L'anziano quando non è più neppure una risorsa affettiva, quando non ha più memoria, quando non esiste più un suo valore d'uso. La vecchiaia con la sua debolezza fisica e mentale, la mancanza di autonomia e controllo, il suo avere costantemente bisogno di noi, il suo essere prossimo alla fine, l'indecenza di un corpo, lo scandalo. E' la nostra umanità messa a nudo. Dopo aver raccontato i rapporti con l'infanzia, con gli adolescenti, terminiamo una trilogia sui tempi della vita, interrogandoci in prima persona sulle nostre relazioni con i vecchi genitori. E' una necessità attuale; ci pone di fronte allo sconvolgente tema dell'etica, della morale. Tutto è cambiato: nella società arcaica o nella società agricola, la vita si svolgeva sempre uguale, dentro i cicli delle stagioni. I vecchi, avendo visto tanti cicli erano i "sapienti" che avevano accumulato esperienza da poter trasmettere ai giovani. Oggi non immaginiamo più il tempo come un ciclo ma, causa uno sviluppo tecnologico velocissimo, il tempo è una freccia scagliata nel futuro, dove saranno reperibili i rimedi per i mali del presente e del passato. Lo sviluppo tecnologico brucia tutta la nostra esperienza e rende obsolete le nostre conoscenze per cui il vecchio non è più un deposito di esperienze e quindi di sapere, ma uno messo fuori completamente dal circuito delle competenze che a sua volta si esclude da un mondo a cui non ha più accesso. Per questo Max Weber ha scritto: " Una volta il vecchio carico di esperienze, moriva sazio della vita; oggi, a causa del progresso, subisce una sorta di esclusione, per cui non muore sazio, ma stanco della vita" I testi di Roberto Santiago, del cortometraggio " La ruleta" ci hanno aiutato a disegnare questa società ormai priva di intimità affettiva, di ragioni del cuore e ci interrogano sulla scansione misteriosa dei conflitti dell'anima.


Una produzione di Theatraki

Regia: Antonio Viganò

Con: Antonietta Azzolini, Giovanni Carboni, Dieter Lauggas, Hildegard Rohregger, Letizia Aguanno, Barbara Fingerle, Paola Guerra, Alexandra Hofer, Graziano Hueller, Doris Plankl, Georg Siller, Paola Soccio, Elena Moroder, Stefania Paulon, Melissa Pircali e con alcuni ospiti della casa di riposo Villa Serena

Organizazzione: Franca Marchetto


Radeau de la meduse

LE RADEAU DE LA MEDUSE - PROGETTO ADOLESCENZA

Ogni anno come operatori culturali incontriamo centinaia di bambini e adolescenti. Con loro condividiamo momenti di formazione teatrale, di scoperta del gioco, di giochi di ruolo, di spazio, di ritmo, di fantasia e scrittura teatrale. Loro sono i nostri interlocutori privilegiati, i nostri attori "sociali", i nostri materiali quotidiani.

Questo incontro quotidiano ci ha spinti, alcuni anni fa, a creare un evento teatrale, "jeux d'enfants" dove alcuni operatori teatrali, alcuni ragazzi e alcuni adolescenti, e 4 attori del Teatro la Ribalta, insieme si sono interrogati sul tema dell'infanzia. Le suggestioni trovate nel quadro di Bruguel ci hanno fatto da stimolo in questa creazione teatrale. E' nato così un laboratorio - spettacolo che ha trovato modo di crescere e di approfondirsi nelle tante tappe fatte in città italiane.

Uno spettacolo che raccontava come oggi è necessario ridefinire questo "immaginario collettivo", come è difficile essere bambini e essere adulti, come ci si dimentica troppo spesso di essere stati tutti dei bambini e di come il teatro può essere il luogo dove, adulti e ragazzi, possono giocare alla pari, perdere i ruoli sociali di operatore e ragazzo, insegnante e allievo per raccontare e raccontarsi quanto è difficile e poetica, la relazione tra adulto e bambino, di quante cose questa ha ancora da dirci e svelarci.

Ci siamo interrogati sul lavoro che facciamo ogni giorno, su cosa significa e quali domande fa nascere.

Anche quest'anno continuiamo a interrogarci: questa volta sul tema dell'adolescenza. E al posto del pittore Bruegel, questo anno ci ha ispirato il quadro, " Le radeau de la Meduse" di Gericault.

Del quadro ci interessa la disperazione e la speranza che i personaggi della zattera ci raccontano.

Disperazione e speranza, due sostantivi, che possono in parte raccontare quella età del conflitto, della soglia, della contraddizione che è l'età della adolescenza.

Inoltre, può raccontare di come a noi, adulti, quella età, " in cui ancora ero in divenire", ci manchi .

Lo spettacolo nasce qui: dalla voglia di esplorare questa condizione di adolescenza che oggi ci sfugge, che non riusciamo a catturare, piena di sentimenti contrapposti, necessità di partire e voglia di restare, sogno e realtà, la scoperta dell'amore e il dolore di una perdita, impossibile a catalogare, perché contraddittoria.

 

Lo spettacolo è stato creato a Bolzano a Giugno 2005 con gli operatori teatrali dell'Associazione THEATRAKI, una delle prime esperienze artistiche ed organizzative del TEATRO SCUOLA in Italia.

Il laboratorio ha visto impegnati ragazzi delle Scuole Medie Italiane e delle Scuole Medie Tedesche per un totale di 40 ore. Lo spettacolo è bilingue.

Dopo la prima rappresentazione avvenuta nel Chiostro dei Domenicani di Bolzano, lo spettacolo è stato, su iniziativa del Comune di Bolzano, proposto a tutte le Scuole Medie della città in una versione da palcoscenico.


Una produzione di Theatraki

Regia: Antonio Viganò

Con: Letizia Aguanno, Margareth Braunhofer, Barbara Fingerle, Paola Guerra, Alexandra Hofer, Graziano Hueller, Jesus Maria Lezameta, Doris Plankl, Verena Romano, Birgit Seeber, Greta Augscholl, Federica Cassarà, Luca Chiappara, Valentin Gasser, Sena Hrustic, Falko Kramer, Denis Mattiazzo, Philipp Mock, Marco Munarini, Taila Puleo, Fabio Raffaelli, Magdalena Seebacher, Luca Tota, Walter Zambotti

Organizazzione: Franca Marchetto


Jeux d'enfants

Il quadro  

Bruegel dipinge " Les jeux d 'enfants " nel 1560. In esso sono rappresentati 250 bambini soli, in una piazza grande come un paese, impegnati in 75 giochi differenti: nonostante questo l'atmosfera è cupa, il loro mondo appare chiuso e non v' è traccia di sorriso. Perchè questa tristezza? Forse Bruegel vuole illustrare le varie fasi della vita dell'uomo, mettendone in luce la difficoltà esistenziale o forse vuole rappresentare il buio di quel periodo storico. Un mondo chiuso, apparentemente immutabile, dove non c'è relazione. Forse un'incomunicabilità tra le differenti tappe della vita dell' uomo. Ma certo dipingendo i bambini come piccoli e seri uomini lascia a noi uno spazio di lettura che ci invita ad alcune riflessioni cogliendo le contraddizioni che sono il pane per chi fa teatro. Nel laboratorio si riprendono i giochi rappresentati nel quadro ed i ragazzi - guidati in scena dagli attori - si fanno interpreti di loro stessi, dei propri disagi, delle proprie aspettative di vita. Nello spettacolo - vero teatro danza - si parla di desideri, quelli indotti e quelli no, di frustrazioni, di gioie e di tristezze che appartengono ad un 'età speciale. Si accendono fuochi, veri e metaforici, si fanno capriole e si dicono poesie.

Ironicamente, strappando sorrisi di vero divertimento, Viganò ci dice che è difficile diventare grandi e ci offre un diverso sguardo sui ragazzi. Un po' malinconico, forse, non edulcorato nè stereotipato e molto teatrale.
Lo spettacolo, esito del laboratorio, è stato presentato per la prima volta a Pavia nel Cortile del Broletto nell' ambito del festival SEGNALI 2000, ripreso per il progetto Adolescenza a Merate nel giugno 2002 con i ragazzi della Scuola Media Manzoni, è stato da essi rappresentato nel cortile di Palazzo Isimbardi a Milano per la rassegna "Scuole in Scena". Presso la facoltà dei Beni Culturali dell' Università di Lecce è stata realizzata nel 2003 una terza fase in un progetto dal titolo "Per un integrazione partecipata: quale teatro?" che ha visto la partecipazione di 48 persone tra ragazzi, disabili, genitori ed insegnanti.


Una produzione di Theatraki

Regia: Antonio Viganò

Con: Giorgio Buraggi, Filippo Ughi, Josef Scicluna, Letizia Aguanno, Franco Bertoldi, Margareth Braunhofer, Barbara Fingerle, Paola Guerra, Kathrin Hirber, Alexandra Hofer, Graziano Hueller, Jesus Maria Lezameta, Doris Plankl, Birgit Seeber.

Organizazzione: Franca Marchetto